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Udine

3 août 2013
Udin & Jazz, 28-29 giugno
© Jazz Hot n°664, été 2013
Dario Cornovale, Paolino Dalla Porta, Luca Colussi, Udine 2013 ©Morlotti Studio by courtesy of Udin & Jazz

Sotto il significativo titolo di Austerity, la 23esima edizione di Udin&Jazz ha dovuto fare i conti con gli ennesimi tagli inferti al budget: cosa divenuta ormai una triste prassi in Italia, dove una classe politica miope sembra aver retrocesso la cultura all’ultimo posto della propria agenda. Ciononostante, grazie agli sforzi dell’associazione Euritmica, il festival non ha rinunciato alla propria identità e nell’arco di una dozzina di giorni (dal 21 giugno al 2 luglio) ha mantenuto saldo il legame col territorio, dislocando alcuni eventi in centri della provincia e valorizzando ulteriormente talenti e giovani leve della feconda scena locale. In quest’ottica sono stati promossi laboratori e seminari, e al tempo stesso si è pensato bene di riservare spazio anche ad altre discipline.
Ad esempio, l’evento clou destinato alla chiusura del festival è stato affidato – oltreché al trio del giovane e sempre più convincente pianista Giovanni Guidi – ai ricostituiti Van Der Graaf Generator, gruppo di punta del progressive rock inglese degli anni Settanta. Inoltre, un pubblico eterogeneo per anagrafe e gusti musicali ha potuto apprezzare la visione del film Greetings from Tim Buckley di Daniel Algrant, incentrato sulla figura del cantante Jeff Buckley e sul suo complesso rapporto a distanza col padre Tim, geniale cantautore morto nel 1975 a 28 anni. Tra l’altro, il film annovera la presenza del formidabile violoncellista Hank Roberts (vecchio collaboratore di Tim Berne e Bill Frisell) in veste di direttore musicale del gruppo accompagnatore e gli arrangiamenti del chitarrista Gary Lucas.

Maurizio Brunod et Miroslav Vitous, Udine 2013 ©Morlotti Studio by courtesy of Udin & JazzSul versante strettamente jazzistico, il festival ha fatto registrare il ritorno, alla testa del gruppo CorLeone, del trombettista Roy Paci, notevole talento prestato per troppi anni alla musica commerciale, e ha messo in mostra alcuni progetti di assoluto rilievo, tra cui – nella Corte Morpurgo – il trio del contrabbassista Paolino Dalla Porta, con Luca Colussi (dr) e Dario Carnovale (p).
Il 28 giugno il Palamostre ha ospitato una serata dedicata all’etichetta veneziana Caligola, all’insegna di un duplice duo. Il primo ha visto protagonisti Maurizio Brunod e Miroslav Vitous. Sulla scorta di alcuni duetti registrati sul recente Duets firmato dal chitarrista, Brunod e Vitous hanno sviluppato un interplay quasi telepatico, una dialettica fitta e ricca di sorprese. Del resto, Vitous tende spesso a "spiazzare” il collega, proponendogli nuovi spunti o indicandogli varianti impreviste attraverso sospensioni, anticipi e ritardi. Così facendo, nessuna soluzione risulta scontata, sia all’interno delle composizioni del chitarrista, che nell’ambito delle riletture. Sotto quest’ultimo aspetto si segnalano una versione di «Interplay» di Bill Evans ricca di intrecci geometrici e una frammentazione del tema di «St. Thomas» di Sonny Rollins che prosciuga l’originaria natura di calypso. Sia sullo strumento elettrico che su quello acustico Brunod è prodigo di sfumature timbriche e felici intuizioni armoniche; Vitous utilizza con equilibrio l’archettato con distorsione e sciorina linee plastiche ed essenziali con il proverbiale, corposo pizzicato.


Claudio Cojaniz et Franco Feruglio, Udine 2013 ©Merlotti Studio by courtesy of Udin & JazzL’altro duo affiancava al pianista Claudio Cojaniz il contrabbassista Franco Feruglio, all’indomani della pubblicazione di Blue Africa. Da tempo Cojaniz esplora forme ritmiche attinte alla tradizione di Sudafrica, Senegal, Ghana, Niger e altri paesi africani. Le elabora e vi sovrappone altri elementi della sua cifra espressiva: l’irrinunciabile sostrato del blues; la matrice monkiana di certe linee asimmetriche; metriche dispari; un certo afflato innico mutuato da Abdullah Ibrahim; l’amore per altre forme afroamericane, come ad esempio la rumba. È interessante notare come molte di queste caratteristiche, unitamente all’asciuttezza delle frasi e a un frequente lavoro sulle ottave centrali, avvicinino molto questo friulano con radici serbo-bosniache alla poetica di Randy Weston. Un festival austero, dunque, ma ricco di spunti di riflessione.
Enzo Boddi