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Bergamo (Italia)6 avril 2013
Bergamo Jazz Festival, 22 al 24 marzo 2013
Jazz Hot n°663, printemps 2013

La XXXV edizione di Bergamo Jazz – al secondo anno sotto la direzione artistica di Enrico Rava – ha presentato un programma di altissima qualità, distribuito tra il Teatro Donizetti, l’Auditorium di Piazza della Libertà e il centro d’arte contemporanea GAMeC. Il cartellone era impostato secondo tre linee tematiche fondamentali: approcci diversi alla tradizione; proposte innovative; spazio, come di consueto, ai musicisti italiani.
Nella sua vocalità Gregory Porter riassume vaghi riferimenti a Billy Eckstine, Johnny Hartman e Sam Cooke, il blues degli shouters, l’iterazione della work song (nell’introduzione del brano eponimo di Nat Adderley), lo slancio del gospel e il soul di Marvin Gaye e Curtis Mayfield. Notevoli il trattamento di «I Fall In Love Too Easily» e «Bye Bye Blackbird» con tonalità insolite, della coltraniana «Equinox» e l’esecuzione a cappella di «Mona Lisa».
Con linguaggio inconfondibile e inimitabili timbriche John Scofield esprime radici inequivocabilmente down home: echi di soul jazz, avvertibili anche nell’organo di Larry Goldings; inflessioni blues, rhythm’n’blues e funky valorizzate dall’interazione con Greg Hutchinson (dm). Niente di nuovo sotto il sole, ma groove a piene mani.
Uri Caine-Han BenninkUri Caine e Han Bennink si accostano alla tradizione con spirito rispettosamente dissacrante, destrutturando «Bewitched» e «’Round Midnight», incanalando «I Mean You» su un up tempo vertiginoso, utilizzando come appiglio la progressione di «Nefertiti». Come sempre, Bennink percuote con fare clownesco e swing impareggiabile tutte le superfici disponibili; Caine esplora fonti come Hancock (specie al Fender Rhodes), Monk e Waller.
Marc Ribot trasporta sulle sei corde acustica le tensioni armoniche e i sussulti di Ayler («Love Cry») e Coltrane («Sun Ship»), disgregando pagine come «The Nearness Of You», «Smoke Gets In Your Eyes» e «There Will Never Be Another You» con dissonanze, deviazioni e slittamenti, in una poetica che coniuga blues rurale e urbano, ragtime e folk.
L’unica grossa delusione è giunta da Hermeto Pascoal. Il geniale polistrumentista brasiliano è apparso l’ombra di se stesso, regista di una performance di gruppo sfilacciata, resa ancor più precaria dagli interventi vocali di Aline Morena, spesso gratuiti, a tratti infarciti di stonature.
Quanto agli italiani, mentre Urban Fabula interpreta il ruolo del piano trio con riferimenti pedissequi a Evans e Corea, il quintetto Acrobats di Tino Tracanna (ts, ss) - con Mauro Ottolini (tb, tp), Roberto Cecchetto (g), Paolino Dalla Porta (b) e Antonio Fusco (dm) – propone temi articolati, progressioni armoniche ingegnose, varietà metrica con impianti modali, africanismi in 6/8 e richiami stravinskiani.
A 83 anni Dino Piana dimostra ancora brillantezza di fraseggio sul trombone a pistoni. Le composizioni del figlio Franco (fgh) privilegiano fini armonie, morbidi impasti e cambi di mood, sulla scia di Gerry Mulligan, Gil Evans e Bob Brookmeyer.
Il quintetto di Giovanni Guidi (p) applica un’estemporaneità sistematica, esplorando territori atonali. Le strutture emergono per lento accumulo di cellule; i temi hanno una configurazione ornettiana, con echi di Ayler e Haden. Dan Kinzelman (ts) e Shane Endsley (tp) agiscono con coesione sul superbo sostegno ritmico di Thomas Morgan (b) e Gerald Cleaver (dm).
Peter Evans (tp) concilia una stupefacente ricerca timbrica con una solida concezione architettonica. I temi, costruiti in modo spesso matematico, ricordano il rigore di Braxton. John Hébert (b) e Kassa Overall (dm) dialogano con un’ampia gamma dinamica e figurazioni cangianti.
Mary Halvorson (g) esibisce composizioni densamente strutturate, con temi ad ampio respiro esposti da Jon Irabagon (as) e Jonathan Finlayson (tp), e passaggi informali fino al fortissimo sulla formidabile spinta ritmica di John Hébert e Ches Smith (dm). Si crea così un ponte ideale tra Fred Frith, Derek Bailey, punk jazz e avant rock. Musica che guarda alla contemporaneità e al futuro, come del resto anche Bergamo Jazz.

Enzo Boddi

Photo Uri Caine et Han Bennink © Gianfranco Rota
by courtesy of Bergamo Jazz Festival